Le donne non si fidano dei loro capi, lo studio svela il motivo

In ogni settore lavorativo, secondo lo studio pubblicato dall’Harvard Business Review, le donne si fidano meno dei loro colleghi dei capi: il motivo è da ricercare nelle problematiche di genere sul lavoro 

Le donne sul lavoro non si fidano dei propri capi, o meglio, si fidano molto meno rispetto ai loro colleghi che occupano una stessa posizione. Lo studio pubblicato dall’Harvard Business Review spiega che a differenza di quel che si possa pensare, i dati dimostrano come la situazione si ripeta anche nei casi in cui i capi di lavoro cercano di apportare migliorie nell’organizzazione interna per ridurre o eliminare il gender gap.

Le donne non credono nei loro capi per colpa del gender gap
Donna al lavoro, il gender gap crea sfiducia – androiditaly.com

Per quanto pensiamo di vivere in una società equa, almeno sul piano lavorativo, i dati invece riconoscono che in quasi tutte le aziende sono gli uomini che a parità di merito guadagnano di più rispetto alle loro colleghe donne. Anche nei casi in cui invece l’azienda cerca di essere trasparente e equa garantendo la paga in base a variabili come il tempo flessibile e le prestazioni, si ritrovano dei favoritismi impliciti per quanto riguarda tutti i lavoratori uomini.

La ricerca presentata dall’Harvard business review: le donne non si fidano dei loro capi per via del gender gap

I dati presentati dall’Harvard spiegano come dalla ricerca emerga che le donne, in qualsiasi caso, si fidano molto meno rispetto ai colleghi del loro capo perché, anche quando si tratta di aziende che investono nella parità salariale, in realtà rimangono sempre vittime di un sistema che vede i lavoratori come macchine e non come esseri umani.

Le donne non credono nei loro capi per colpa del gender gap
Donna al lavoro, il gender gap crea sfiducia – androiditaly.com

Per esempio, per quanto riguarda la flessibilità del tempo, le donne tendono ad ‘approfittarsene’ in caso di nascita, rispetto agli uomini; ma questo perché l’uomo non deve allattare il bambino, e salvo rari casi, non adempie a tutte le mansioni di una mamma. Questo ‘prendersi’ più tempo (anche se previsto dal contratto aziendale) viene comunque visto come un’inefficienza, rispetto ad un uomo che riesce a rendersi più disponibile anche appena diventato papà.

Inconsciamente che cosa succede? Che nel caso ci dovesse essere una promozione, i dati spiegano che l’upgrade sarà destinato al collega uomo e non alla collega donna. Stessa situazione si perpetra anche quando parliamo di pagamento su prestazione.

I dati dimostrano che anche le aziende più eque sfavoriscono le donne lavoratrici

“La ricerca mostra che le donne nello stesso lavoro, con lo stesso supervisore, che hanno ricevuto gli stessi punteggi di valutazione delle prestazioni dei loro coetanei maschi, hanno ancora ricevuto aumenti salariali più bassi” spiega l’Harvard business review.

Un altro studio ha anche rilevato che alle donne nelle società di intermediazione azionarie sono stati spesso assegnati conti con commissioni storiche e/o valori patrimoniali più bassi, e ciò ha portato ad una conseguenza differenza di genere anche sulla retribuzione legata alle prestazioni. In questo ambiente così sleale, chiunque farebbe fatica a fidarsi se si trovasse dalla parte di svantaggio.

Impostazioni privacy